Una Comunità, tante vocazioni

Quando possiamo parlare di “Comunità”?

Fino a quando prevarrà una religiosità individualista, nella quale ogni cristiano va a Messa e riceve i sacramenti per curare solo il prorpio personale rapporto con Dio, potremo avere anche le Chiese piene. Ma non potremo parlare propriamente di Comunità.

Essere Comunità nella Chiesa significa sentire il senso dell’appartenenza al “tutto” che è la Parrocchia, la diocesi e la Chiesa universale. Significa sentirsi corresponsabile, ognuno secondo i doni ricevuti e le possibilità personali, della vita e della missione della Chiesa.

Si ha una Comunità quando fra i fedeli che frequentano le celebrazioni e i sacramenti vi è vero amore per la Chiesa, a partire dalla propria Parrocchia. Senza amore alla propria Parrocchia, senza prendersene cura, senza corresponsabilità, la fede rimane monca. Nessuno, infatti, può darsi la fede da solo. L’ha ricevuta dalla Chiesa, attraverso la sua localizzazione ultima che è la parrocchia, mediante la testimonianza e la trasmissione dei valori del vangelo di chi è venuto prima, da una generazione all’altra e tutti hanno il compito di sentirsi responsabili di custodire intatto, nella propria vita, il patrimonio della fede e di disporsi a trasmetterlo alla generazione futura.

Si ha una Comunità quando si realizzano queste parole di San Paolo:

12Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. 13Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
14E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. 15Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo, non per questo non farebbe parte del corpo. 16E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo, non per questo non farebbe parte del corpo. 17Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? 18Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. 19Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? 20Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. 21Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi. 22Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; 23e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, 24mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, 25perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. 26Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.

I Lettera di San Paolo ai Corinzi 12, 12-26

Non sarà mai sufficiente credere che per far questo basterà “non ammazzare, non fare male a nessuno, farsi gli affari propri e pregare Dio senza bisogno di andare in Chiesa.

Cos’è “vocazione”?

Per vocazione molti intendono soltanto la chiamata ad una vita di speciale consacrazione, come quella del prete, delle religiose (suore) o religiosi (frati o preto appartenenti ad istituti particolari e non direttamente alla diocesi).

La vocazione, anzitutto, è la chiamata che Dio rivolge ad ogni essere umano a partecipare alla sua vita divina, alla comunione con Lui. Questa vocazione appartiene ad ogni uomo e donna, di qualunque popolo, cultura o religione, perché volontà di Dio è che tutti i suoi figli siano salvi per mezzo del sangue di suo Figlio.

Coloro che, pur battezzati, credono che la vocazione cristiana sia una cosa da “quelli che vanno in Chiesa”, sbagliano e si escludono dal compimento pieno della loro esistenza, giacché senza Dio la vita diventa nulla.

All’interno di questa vocazione “universale”, esistono vocazioni specifiche. Esistono quelle alle varie forme di vita consacrata. Esiste la vocazione dei laici, che è santificare il mondo con la loro vita. All’interno della vocazione generale dei laici esistono chiamate specifiche: ogni mestiere, arte, professione, ogni lavoro possono diventare vocazione, ossia la chiamata specifica che lo Spirito Santo ha elargito a ciascun fedele. Pertanto, anche ambiti come l’impegno politico o economico possono essere tra le più alte vocazioni del laico.

Una sola è la Comunità, tanti sono i suoi doni, le diversità e i carismi suscitati dallo Spirito Santo.

Nella Parrocchia, le forme concrete di esercitare l’unica missione di tutta la Chiesa assumono sfumature diverse a seconda dei soggetti con cui si comunica, del territorio, dell’impianto urbanistico di una città o paese, del grado di istruzione media della popolazione, della fisionomia sociale del luogo.

Per questo, evangelizzare significa saper imparare i vari linguaggi parlati dall’uomo del nostro tempo. E sono tanti.

La Parrocchia è quella Comunità che, nella fede, sviluppa, in ciascun fedele, per opera dello Spirito Santo, i dono necessari per parlare e comunicare il vangelo alla varietà di tutti questi soggetti, nelle loro effettive condizioni di vita.

Dice San Paolo:

Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, 2con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, 3avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. 4Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; 5un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. 6Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
7A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo.

Lettera agli Efesini 4, 1-8

4Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; 6vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. 7A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: 8a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; 9a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; 10a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. 11Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.

1 Lettera ai Corinzi 12,4-11

Passi del Magistero.

Inoltre lo Spirito Santo non si limita a santificare e a guidare il popolo di Dio per mezzo dei sacramenti e dei ministeri, e ad adornarlo di virtù, ma « distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui » (1 Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa secondo quelle parole: « A ciascuno la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio » (1 Cor 12,7). E questi carismi, dai più straordinari a quelli più semplici e più largamente diffusi, siccome sono soprattutto adatti alle necessità della Chiesa e destinati a rispondervi, vanno accolti con gratitudine e consolazione. 

Concilio Vaticano II, Lumen Gentium 12

C’è nella Chiesa diversità di ministero ma unità di missione.

Concilio Vaticano II, Apostolicam Actuositatem, n. 2

Questa prospettiva di comunione è strettamente legata alla capacità della comunità cristiana di fare spazio a tutti i doni dello Spirito. L’unità della Chiesa non è uniformità, ma integrazione organica delle legittime diversità. È la realtà di molte membra congiunte in un corpo solo, l’unico Corpo di Cristo (cfr 1 Cor 12,12). È necessario perciò che la Chiesa del terzo millennio stimoli tutti i battezzati e cresimati a prendere coscienza della propria attiva responsabilità nella vita ecclesiale. Accanto al ministero ordinato, altri ministeri, istituiti o semplicemente riconosciuti, possono fiorire a vantaggio di tutta la comunità, sostenendola nei suoi molteplici bisogni: dalla catechesi all’animazione liturgica, dall’educazione dei giovani alle più varie espressioni della carità.

Giovanni Paolo II, Novo MIllennio Ineunte 46

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