L’edificazione della Comunità cristiana e la missione della Chiesa sono responsabilità di tutti i battezzati.
Immaginate un muratore che sta costruendo una casa, da solo. Attorno a lui un gruppo di persone lo aiutano a porgergli gli strumenti e il materiale che, di volta in volta, gli serve, per continuare l’opera. Attorno a questo gruppo, un viavai continuo di gente, presa dalla vita e dalle urgenze, che passa senza dare troppa attenzione a quello che succede. Qualcuno si ferma, esprime il suo giudizio sul fatto che una casa non si può costruire con un operaio solo. Altri passano e concedono uno sguardo distratto ma senza rallentare. Qualcuno, incuriosito, cerca di capire se quello se si sta costruendo potrà essere di suo interesse e riprende la strada. La maggior cammina a passo veloce senza neanche girarsi.
La parrocchia, per molti aspetti, somiglia a questa immagine. Per la maggior parte della gente, anche praticante, la Chiesa è un “affare del prete”. Il gruppo che sta intorno e gli “porge gli strumenti” sono i fedeli più attivi, sono gli stessi operatori pastorali, i quali collaborano anche con molta dedizione ma, spesso, stanno bene in quella posizione di “aiuto-ma-di-non-corresponsabilità”. Aiutare è una cosa che possono fare in tanti. E’ un gesto temporaneo e che può essere sospeso in qualsiasi momento. Ma partecipare, in prima persona, alla responsabilità di ciò che la Chiesa è chiamata a costruire, non entusiasma la maggior parte dei fedeli.
Il problema è di formazione: la Chiesa è responsabilità di TUTTI i battezzati che le appartengono, non di alcuni. Non tutti allo stesso modo. Non tutti con lo stesso livello di responsabilità ma tutti… ciascuno secondo i doni, le capacità effettive e il tempo e le risorse che possono mettere a disposizione. La Chiesa, inoltre, vive del sostegno dei suoi fedeli e tutti sono responsabili della cura della comunità parrocchiale e dei suoi bisogni.
A volte sono gli stessi parroci che alimentano questa impostazione, perché avere fedeli che eseguono ma non mettono lingua nella missione della parrocchia è più facile. A volte sono gli stessi fedeli, perché la corresponsabilità può spaventare.
Bisogna dire che vi sono molti collaboratori e operatori pastorali che fanno molto, aiutano molto il parroco e investono, in questo aiuto molto tempo, perché la Chiesa nella quale hanno imparato a credere, per loro, è questa.
Per secoli, in fondo, è stato così. Ma la trasformazione improvvisa e continua del mondo, delle culture, delle società obbliga la Chiesa a riflettere su sé stessa e a chiedersi: è questo il modello di parrocchia che può dialogare con il mondo attuale, che corre e che non si ferma ma che va raggiunto, anche rincorrendolo, laddove esso è orientato?
Inoltre, il battesimo conferisce solo l’autorizzazione a essere “quelli che porgono al parroco i materiali di lavoro” o c’è qualcosa in più?
C’è decisamente, qualcosa in più.
Primo, il battesimo conferisce a tutti i figli di Dio uguale dignità. Non vi è una dignità superiore nell’essere parroco, vescovo o papa, rispetto all’essere battezzato comune. Vi è una differenza di ministeri e di ruoli, alcuni insostituibili, alcuni più importanti degli altri, ma nessuno più alto nella sua dignità.
La santa Chiesa è, per divina istituzione, organizzata e diretta con mirabile varietà. «A quel modo, infatti, che in uno- stesso corpo abbiamo molte membra, e le membra non hanno tutte le stessa funzione, così tutti insieme formiamo un solo corpo in Cristo, e individualmente siano membri gli uni degli altri » (Rm 12,4-5).
Ecco alcuni passi del Magistero della Chiesa.
Non c’è quindi che un popolo di Dio scelto da lui: « un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo » (Ef 4,5); comune è la dignità dei membri per la loro rigenerazione in Cristo, comune la grazia di adozione filiale, comune la vocazione alla perfezione; non c’è che una sola salvezza, una sola speranza e una carità senza divisioni. Nessuna ineguaglianza quindi in Cristo e nella Chiesa per riguardo alla stirpe o nazione, alla condizione sociale o al sesso, poiché « non c’è né Giudeo né Gentile, non c’è né schiavo né libero, non c’è né uomo né donna: tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28 gr.; cfr. Col 3,11).
Concilio Vaticano II, Lumen Gentium 32
Se quindi nella Chiesa non tutti camminano per la stessa via, tutti però sono chiamati alla santità e hanno ricevuto a titolo uguale la fede che introduce nella giustizia di Dio (cfr. 2 Pt 1,1). Quantunque alcuni per volontà di Cristo siano costituiti dottori, dispensatori dei misteri e pastori per gli altri, tuttavia vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti i fedeli nell’edificare il corpo di Cristo. La distinzione infatti posta dal Signore tra i sacri ministri e il resto del popolo di Dio comporta in sé unione, essendo i pastori e gli altri fedeli legati tra di loro da una comunità di rapporto: che i pastori della Chiesa sull’esempio di Cristo sono a servizio gli uni degli altri e a servizio degli altri fedeli, e questi a loro volta prestano volenterosi la loro collaborazione ai pastori e ai maestri. Così, nella diversità stessa, tutti danno testimonianza della mirabile unità nel corpo di Cristo: poiché la stessa diversità di grazie, di ministeri e di operazioni raccoglie in un tutto i figli di Dio, dato che « tutte queste cose opera… un unico e medesimo Spirito» (1 Cor 12,11).
Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, n. 32
Il cammino missionario della parrocchia è affidato alla responsabilità di tutta la comunità parrocchiale. … Singolarmente e insieme, ciascuno è lì responsabile del Vangelo e della sua comunicazione, secondo il dono che Dio gli ha dato e il servizio che la Chiesa gli ha affidato. Si ribadisce così il ruolo del sacerdote, specie del parroco, nel rinnovamento missionario della parrocchia. Egli è associato al vescovo nel servizio di presidenza, e la esercita come «pastore proprio» della comunità nel territorio che gli è affidato, mediante l’ufficio di insegnare, santificare e governare.
Conferenza Episcopale Italiana, Vocazione Missionaria delle Parrocchie in un Mondo che Cambia, n. 12
…questa passione (dell’annuncio del vangelo, ndr) non mancherà di suscitare nella Chiesa una nuova missionarietà, che non potrà essere demandata a una porzione di ‘specialisti’, ma dovrà coinvolgere la responsabilità di tutti i membri del popolo di Dio.
Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte, n. 40
Per questo possiamo concludere riprendendo l’affermazione iniziale:
L’EDIFICAZIONE DELLA COMUNITA’ CRISTIANA E LA MISSIONE DELLA CHIESA SONO RESPONSABILITÀ’ DI TUTTI I BATTEZZATI.
Specifichiamo meglio. Tutti i battezzati hanno il diritto di partecipare alla vita della Chiesa, alla discussione dei problemi, delle sfide, alla ricerca di soluzioni, a dare il proprio contributo a scoprire la volontà di Dio in ogni situazione.
Tuttavia, perché un battezzato possa esercitare un tale diritto, è necessario che egli non abbia abdicato dal dovere di professare e vivere la sua fede, non abbia abbandonato la vita della Chiesa e non viva fuori dallo spirito del vangelo. Se così fosse, questi si troverebbe in una possibile situazione di apostasia, ossia di rinnegamento della fede.
Un battezzato che viva lontano dalla Chiesa, dalla Parola di Dio e dai sacramenti non può pretendere di esercitare, alla stessa stregua degli altri, il suo diritto di partecipare, per esempio, alle decisioni che una parrocchia prende.
Ad ogni modo, anche nella persona lontana dalla fede, essendo battezzata, lo Spirito Santo vive, opera e comunica. Vi saranno sempre delle modalità e dei livelli di partecipazione, anche minimi, che potranno riguardare il battezzato che vive lontano dalla fede.