La Chiesa, sempre bisognosa di purificazione e rinnovamento
La parrocchia, essendo una localizzazione della Chiesa, ha una missione. E’ la stessa missione della Chiesa. Essa è di natura spirituale, prima ancora che sociale o di altro tipo. La missione della Parrocchia è annunciare il Vangelo della salvezza, far arrivare a tutti la consapevolezza della chiamata, da parte di Dio, alla salvezza universale e alla vita di comunione con Lui e santificare il mondo, ossia trasformarlo secondo il cuore di Dio per diffondere il suo Regno.
La parrocchia fa tutto questo adattando la missione generale, di tutta la Chiesa, alla cultura, alla mentalità, all’identità di una precisa fascia della società, che si trova all’interno dei suoi confini.
L’annuncio del vangelo non può avvenire con gli stessi linguaggi e con gli stessi metodi in Sicilia come in Trentino, in Italia come in Cina, in Europa come in America Latina. La parrocchia ha proprio il compito di adeguare l’annuncio del vangelo a un popolo ben preciso, senza mai sminuirne il contenuto.
In una società in rapido cambiamento, i cui ritmi si velocizzano sempre di più al punto da rendere sempre meno umana la vita e la convivenza reciproca, la parrocchia deve ripensare come porgere il messaggio del vangelo in modo che parli alla vita concreta delle persone, non rimanga un annuncio astratto e aiuti le persone a leggere e capire il nostro tempo.
La parrocchia, come tutta la Chiesa devono stare in un movimento permanente di rinnovamento.
Sul rinnovamento della Chiesa, in generale, riportiamo quanto segue:
Il rinnovamento della Chiesa secondo il Magistero
Ma mentre Cristo, « santo, innocente, immacolato » (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr. 2 Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr. Eb 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento.
Concilio Vaticano II, Lumen Gentium 8
Siccome ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una fedeltà più grande alla sua vocazione, esso è senza dubbio la ragione del movimento verso l’unità. La Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno…
Concilio Vaticano II, Unitatis Redintegratio 6
La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale.
Papa Francesco, Evangelii Gaudium 33
Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. la riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali gesù offre la sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo Ii ai vescovi dell’Oceania, « ogni rinnovamento nella chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale ».[25]
Papa Francesco, Evangelii Gaudium 27
L’atteggiamento missionario inizia sempre con un sentimento di profonda stima di fronte a ciò che “c’è in ogni uomo”, per ciò che egli stesso, nell’intimo del suo spirito, ha elaborato riguardo ai problemi più profondi e più importanti: si tratta di rispetto per tutto ciò che in lui ha operato lo Spirito, che soffia dove vuole. La missione non è mai una distruzione, ma l’assunzione di valori e una nuova costruzione.
Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis n. 12
La Chiesa che nasce a Pentecoste è una comunità che suscita stupore perché, con la forza che le viene da Dio, annuncia un messaggio nuovo – la Risurrezione di Cristo – con un linguaggio nuovo – quello universale dell’amore… Così è chiamata ad essere sempre la Chiesa: capace di sorprendere annunciando a tutti che Gesù il Cristo ha vinto la morte, che le braccia di Dio sono sempre aperte, che la sua pazienza è sempre lì ad attenderci per guarirci, per perdonarci. Proprio per questa missione Gesù risorto ha donato il suo Spirito alla Chiesa. Attenzione: se la Chiesa è viva, sempre deve sorprendere. E’ proprio della Chiesa viva sorprendere. Una Chiesa che non abbia la capacità di sorprendere è una Chiesa debole, ammalata, morente e deve essere ricoverata nel reparto di rianimazione, quanto prima!… La Chiesa di Pentecoste è una Chiesa che non si rassegna ad essere innocua, troppo “distillata”. No, non si rassegna a questo! Non vuole essere un elemento decorativo. È una Chiesa che non esita ad uscire fuori, incontro alla gente, per annunciare il messaggio che le è stato affidato, anche se quel messaggio disturba o inquieta le coscienze, anche se quel messaggio porta, forse, problemi e anche, a volte, ci porta al martirio. Essa nasce una e universale, con un’identità precisa, ma aperta, una Chiesa che abbraccia il mondo ma non lo cattura; lo lascia libero, ma lo abbraccia come il colonnato di questa Piazza: due braccia che si aprono ad accogliere, ma non si richiudono per trattenere. Noi cristiani siamo liberi, e la Chiesa ci vuole liberi!
Papa Francesco, Regina Coeli del giorno di Pentecoste 8 giugno 2014
Il rinnovamento della Parrocchia secondo il Magistero
«Sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5). Stare nella barca insieme a Gesù, condividere la sua vita nella comunità dei discepoli, non ci rende estranei agli altri, non ci dispensa dal proporre a tutti di essere suoi amici. Egli stesso esorta i discepoli a prendere il largo: «Duc in altum» (Lc 5,4). Giovanni Paolo II, all’inizio del terzo millennio, rinnova l’invito di Gesù a tutta la Chiesa perché assuma con coraggio, con «un dinamismo nuovo», la propria responsabilità verso il Vangelo e verso l’umanità. Ci viene chiesto di disporci all’evangelizzazione, di non restare inerti nel guscio di una comunità ripiegata su sé stessa e di alzare lo sguardo verso il largo, sul mare vasto del mondo, di gettare le reti affinché ogni uomo incontri la persona di Gesù, che tutto rinnova… Una pastorale tesa unicamente alla conservazione della fede e alla cura della comunità cristiana non basta più. È necessaria una pastorale missionaria, che annunci nuovamente il Vangelo, ne sostenga la trasmissione di generazione in generazione, vada incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo testimoniando che anche oggi è possibile, bello, buono e giusto vivere l’esistenza umana conformemente al Vangelo e, nel nome del Vangelo, contribuire a rendere nuova l’intera società.
Conferenza Episcopale Italiana, Vocazione Missionaria delle Parrocchie in un Mondo che Cambia, n. 1
E’ necessario disegnare con più cura il suo volto missionario, rivedendone l’agire pastorale, per concentrarsi sulla scelta fondamentale dell’evangelizzazione. La complessità e la fatica di tale concentrazione sono evidenti. La saggezza pastorale suggerirà gli opportuni adattamenti e i passaggi necessari per renderli praticabili, tenendo conto della storia passata e delle possibilità del presente. Il discernimento richiede generosità apostolica e intelligenza pastorale, volontà di partecipare a un processo che ci vede tutti insieme impegnati e la prudenza di misurare ogni cosa sulle situazioni locali. Ciascun vescovo saprà assumere la responsabilità delle decisioni, con il suo clero e con quanti ne sostengono il discernimento negli organismi di partecipazione. Ciò significa valutare, valorizzare e sviluppare le potenzialità missionarie già presenti, anche se spesso in forma latente, nella pastorale ordinaria. È ingiustificato e controproducente concepire la “svolta missionaria” quasi in alternativa alla pastorale ordinaria e sottostimare quest’ultima, come se fosse, di sua natura, soltanto statica gestione dell’esistente. Ma occorre anche avere il coraggio della novità che lo Spirito chiede oggi alle Chiese. Non mancano punti di riferimento per il discernimento pastorale e per far emergere e accrescere la forza missionaria della parrocchia.
Conferenza Episcopale Italiana, Vocazione Missionaria delle Parrocchie in un Mondo che Cambia, n. 5
L’attuale organizzazione parrocchiale, che vede spesso piccole e numerose parrocchie disseminate sul territorio, esige un profondo ripensamento. Occorre però evitare un’operazione di pura “ingegneria ecclesiastica”, che rischierebbe di far passare sopra la vita della gente decisioni che non risolverebbero il problema né favorirebbero lo spirito di comunione. È necessario peraltro che gli interventi di revisione non riguardino solo le piccole parrocchie, ma coinvolgano anche quelle più grandi, tutt’altro che esenti dal rischio del ripiegamento su se stesse. Tutte devono acquisire la consapevolezza che è finito il tempo della parrocchia autosufficiente. Per rispondere a queste esigenze la riforma dell’organizzazione parrocchiale in molte diocesi segue una logica prevalentemente “integrativa” e non “aggregativa”
Conferenza Episcopale Italiana, Vocazione Missionaria delle Parrocchie in un Mondo che Cambia, n. 11