La Parrocchia nella società tradizionale
Abbiamo parlato di crisi del cristianesimo in Occidente (qui).
Questa crisi si manifesta concretamente nello sfaldamento del rapporto umano che, un tempo, sussisteva fra società e parrocchia.
Nella società rurale, Chiesa e società avevano avuto secoli per intrecciare un rapporto tale che, dalla nascita alla morte, la vita delle persone era accompagnata dalla presenza del parroco e dai sacerdoti residenti in quel territorio. Erano epoche in cui il tempo era scandito dal suono delle campane.
La parrocchia si ramificò, nei secoli, in ogni paese, villaggio, quartiere o campagna. Non vi era borgata o campagna dove non vi fossero una Chiesetta, una edicola alla Madonna o una cappella votiva e dove non vi fosse un prete che, camminando anche per ore sotto il sole, passava da una contrada all’altra per celebrare la messa domenicale.
La domenica si sospendeva tutto. Il lavoro nei campi si fermava. Era il giorno del Signore. In quel giorno il popolo si ritrovava in Chiesa per la dottrina (l’odierno catechismo) e per la celebrazione dei sacramenti (principalmente la confessione e l’Eucaristia).
Non vi era casa che non fosse visitata dal parroco, malato che non riceveva da lui gli ultimi sacramenti. Spesso vi erano diversi sacerdoti in una sola parrocchia, che si dividevano i compiti e questo contribuì alla diffusione di tradizioni popolari, usanze e costumi che facevano parte integrante della vita delle persone, con grande significato.
Al di là di tutto, la struttura e l’organizzazione della parrocchia erano a misura d’uomo. Non esistevano ancora le grandi metropoli che oggi fanno sprofondare la vita di milioni nell’anonimato e nella solitudine. A quei tempi, non vi era un povero che bussasse alla porta di un convento, a cui venisse negato un pasto caldo.
La Parrocchia nel mondo moderno e post-moderno
Un primo grande sconvolgimento di questa civiltà avvenne già con la prima industrializzazione, e quelle successive. In Italia lo sviluppo economico arrivò, come un’onda in piena, solo dopo la seconda guerra mondiale. Vie erano state delle grandi ondate migratorie verso altri continenti a partire dall’unità d’Italia e durante i primi decenni del ‘900. Negli anni ’60 queste migrazioni avvennero per lo più all’interno dei confini nazionali, dal sud al nord, oppure verso la Germania. I treni erano carichi, in quegli anni, di giovani che lasciavano la loro terra e le loro tradizioni alla ricerca di pane e futuro. Lo sradicamento delle persone dai luoghi della nascita, dalla famiglia, l’emigrazione, sono solo alcuni elementi che causarono una iniziale e crescente frattura fra la parrocchia e una società in mutamento. Per molti, la fabbrica prese il posto della Chiesa come luogo che avrebbe determinato nuovi stili di vita, nuovi modi di pensare e una nuova relazione con tutto con l’intera esistenza.
Oggi, almeno in Italia, che soffre da decenni uno stallo economico, la società ha subito nuovi profondi mutamenti. La fabbrica, la vivacità (e le tensioni sociali) degli anni ’60–’80 sono un ricordo. Nuovi “santuari” si sono diffusi a sostituire pian piano, la santità della domenica la quale, andò perdendo per la maggioranza della popolazione la caratteristica di “giorno del Signore”, anche se conserva, per certi tratti quella di “giorno della famiglia”. Oggi le agenzie di viaggio delle zone periferiche d’Italia organizzano giornate presso i mega centri commerciali e le famiglie trovano un loro – legittimo – svago facendo la gita domenicale.
In questo grande, imponente mutamento sociale, la parrocchia ha visto entrare in crisi sua storica funzione. La dimensione religiosa della vita si è fortemente assopita a vantaggio di una sua visione edonistica, consumistica e individualistica. Non è venuto meno soltanto il legame sociale tra il prete e la sua comunità, tra la parrocchia e i fedeli. E’ venuta meno anche la luce della fede che giustificava l’intimo intreccio fra comunità e parrocchia.
Oggi, in un mondo che cambia costantemente e rapidamente, l’educazione cristiana, lo stesso vangelo, la predicazione, la celebrazione dei sacramenti, la presenza di una Chiesa nel cuore del centro abitato non sono più valori primari per più dell’80% della popolazione (se parliamo della media dei dati statistici in Italia). Molti guardano alla parrocchia come ad un soggetto con una importante funzione sociale ma non più al luogo dove alimentare la propria fede. Solo circa il 20% della popolazione italiana si dichiara ancora credente e praticante e frequenta, ogni domenica o con una certa regolarità, la messa.
Una larga fascia della popolazione, in molte aree d’Italia, continua a chiedere i sacramenti per i propri figli (battesimo, prima comunione), alcuni mossi da rispetto della tradizione dei propri padri, alle quali riconoscono un valore per la vita, altri per pura ripetizione di riti i cui significati rimangono sconosciuti e che non sono oggetto di vero interesse nel corso dell’esistenza.
Per molti, essere cristiani si è ridotto a “non fare del male a nessuno, farsi gli affari propri, dare ai figli i principi di una sana educazione sociale”. Non c’è bisogno di andare in Chiesa per pregare Dio. Lo si può pregare ovunque.
Occorre dirlo: una tale idea di vita non ha proprio nulla di cristiano ma purtroppo è una delle idee più diffuse tra la gente. Molti sono davvero convinti, così, di essere buoni cristiani. Si tratta, però, più di una sorta “religione civile” i cui valori, come ebbe a dire Papa Giovanni Paolo II, costituiscono una “scienza del buon vivere” ma non si tratta di fede, tanto meno quella cristiana.
Alla radice della frattura fra Parrocchia e territorio possiamo evidenziale due cause:
- lo scisma fra vita e fede, fra cultura e vangelo che si consumato nell’ultimo secolo e che è alla base del processo di scristianizzazione in tutta l’Europa;
- la fatica della parrocchia di reinventarsi radicalmente, raggiungendo le persone nella loro nuova situazione esistenziale, sociale, economica e culturale con una missione rinnovata.
La tentazione oggi è di ridurre il cristianesimo ad una sapienza meramente umana, quasi a una scienza del buon vivere. In un mondo fortemente secolarizzato è avvenuta una graduale secolarizzazione della salvezza, per cui ci si batte sì per l’uomo, ma per un uomo dimezzato. Noi invece sappiamo che Gesù è venuto a portare la salvezza integrale.
Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio 11
Se, dunque, guardiamo all’uomo del nostro tempo, ciò che lo caratterizza è lo sradicamento da tutto, lo svuotamento interiore dell’intera impalcatura di un universo di valori religiosi, l’indebolimento della sua capacità di reggere alla complessità della vita, divenuto quasi “incapace di cielo” in quanto incapace di sostenere l’intensità della luce che una concezione spirituale della vita conferisce all’uomo.
Per dirla con i vescovi italiani, si mette in evidenza:
…anzitutto la cosiddetta “perdita del centro” e la conseguente frammentazione della vita delle persone. Il “nomadismo”, cioè la diversa e variata dislocazione della vita familiare, del lavoro, delle relazioni sociali, del tempo libero, ecc., connota anche la psicologia della gente, i suoi orientamenti di fondo. Si appartiene contemporaneamente a mondi diversi, distanti, perfino contraddittorio… Non a caso si è parlato di fine della “civiltà parrocchiale”, del venire meno della parrocchia come centro della vita sociale e religiosa…
In un contesto che spesso conduce alla dispersione e all’aridità, cresce per contrasto l’esigenza di legami “caldi”: l’appartenenza è affidata ai fattori emozionali e affettivi, mentre i rapporti risultano limitati e impoveriti. Lo stesso processo selettivo si avverte anche sull’orizzonte del cosiddetto bisogno del sacro, in cui, più che le ragioni della trascendenza, a prevalere sono le esigenze di armonia personale. Anche su questo versante le parrocchie devono lasciarsi interrogare, se vogliono essere case accoglienti per ciascuno senza però smettere di essere aperte a tutti, rifuggendo da processi elitari o esclusivi; se vogliono rispondere sì alle attese del cuore ferito delle persone, ma anche restare luogo in cui si proclama la rivelazione di Dio, la verità assoluta del Risorto.
Un’altra sfida va raccolta. Il mondo della fede non ha più caratteri unitari
CEI, Vocazione Missionaria della Parrocchia, n. 2