Il dialogo nella preghiera è fatto di silenzi e ascolto. Parliamo con Dio, ma abbiamo anche bisogno di ascoltarlo. E difficilmente si presenta in modo rumoroso
di padre Emmanuel Albuquerque
Viviamo nell’epoca del mostrarsi. Si mostra tutto o quasi. Il piatto che mangiamo, il vestito che indossiamo, le nostre opinioni… tutto diventa facilmente un post sulle reti sociali. Ci troviamo costantemente di fronte alla confusione, ai rumori che ci circondano. E il silenzio diventa sempre più raro, più timido, più dimenticato. E per ascoltare è necessario fare silenzio. Ascoltare il prossimo, Dio o se stessi è un esercizio a volte difficile, perché ci obbliga ad allontanarci dalla luce dei riflettori, in cui mostriamo solo quello che gli altri desiderano vedere, per entrare nell’intimo di ciò che siamo.
In questa cultura dei suoni in cui viviamo, il silenzio può far paura, perché stare in silenzio è entrare in un’altra modalità di relazione, e questo può influire sui nostri rapporti interpersonali, ma anche sulla nostra relazione con Dio.
L’esperienza cristiana ha tra le sue basi la preghiera. Pregare non è opzionale se vogliamo crescere nell’intimità con Dio, nella conoscenza Sua e di noi stessi. La preghiera è un elemento prezioso, ma in un modo o nell’altro già lo sappiamo. Ciascuno di noi, però, sperimenta nella pratica quanto sia difficile rimanere fedeli alla preghiera, a questo incontro di due cuori che si uniscono in un dialogo amoroso.
Silenzio, preghiera e dialogo
La preghiera è un dialogo. Deve esserlo. Gesù stesso ce ne dà un indizio in Matteo 6, 6: “Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto”. La preghiera è un incontro. Siamo attesi. In questa attesa, il Signore vuole accoglierci per stabilire un dialogo in cui ciascuno parla, in cui ciascuno ascolta.
Quello che Gesù ci invita a fare è rivelatore di come possiamo vivere la nostra preghiera. “Chiusa la porta…” Pensiamo che ci parli dalla porta della stanza in cui entriamo, ma paradossalmente possiamo interpretare l’atto di chiudere la porta anche come un invito a chiudere la porta del cuore. Cosa? Pregare con il cuore chiuso? Ovviamente no. Chiudere la porta del cuore ai rumori che vengono da fuori. Alla confusione che ci circonda. Ed entrare in un silenzio abitato che ci riempie della presenza di Colui che è lì ad aspettarci.
Il silenzio nella preghiera cristiana non dev’essere interpretato come un silenzio vuoto, o che ci porta a un vuoto esistenziale. Vediamo che Gesù invita a entrare in una stanza che già abitata dalla presenza del Padre. Il silenzio nella preghiera cristiana è un silenzio pieno e che tende a portarci alla pienezza, perché Dio è lì ad ascoltare e a parlarci.
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